Febbraio 18, 2025
Produzione industriale termometro della crisi
Sono quasi due anni, ventitré mesi per l’esattezza, che l’indice della produzione industriale italiana, fornito da Istat, è in negativo. Questo è il risultato di molteplici fattori che si sono sovrapposti. Conflitti e incertezze a livello internazionale – ad esempio, quelli legati al conflitto in Ucraina e alle relazioni con la Russia – hanno reso rapidamente instabili i mercati globali, influendo negativamente sul commercio e sugli investimenti. Le misure adottate per contenere l’inflazione, tra cui l’inasprimento della politica monetaria da parte della BCE, hanno contribuito a un rallentamento degli investimenti, influenzando indirettamente anche il settore industriale. C’è poi l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime che ha inciso significativamente sui costi di produzione, penalizzando in particolare i settori ad alta intensità energetica.
Dopo tutto questo, frettolosamente riassunto qui, e senza dimenticare che si proveniva dal devastante lascito della pandemia, oggi, “il secondo mandato Trump riapre uno scenario di guerra commerciale potenzialmente molto più ampio e profondo rispetto a quello che ha caratterizzato il primo…”, come possiamo leggere nell’approfondita Nota del Centro Studi di Confindustria sulla nuova politica commerciale degli Stati Uniti e sugli effetti che potrebbero avere i dazi, la cui sola prospettiva può generare incertezza e frenare gli investimenti.
Tra incertezza e trasformazione la necessità di reagire nel modo giusto
Intervenendo al 31° Congresso ASSIOM FOREX (dal quale riportiamo in questa newsletter anche l’interessante speech di Chiara Scotti, Vice Direttrice Generale della Banca d’Italia, sul futuro del sistema finanziario), il Governatore Fabio Panetta ha dato un’analisi approfondita dell’economia globale e italiana “tra incertezza e trasformazione”, con un focus sulle sfide poste dall’inflazione, dalle tensioni commerciali e dalla frammentazione geopolitica. A ciò Panetta invita l’Unione Europea a rispondere con dialogo e negoziazione, ma soprattutto con una strategia comune. E l’Italia, che sa dimostrare grande capacità di reazione alle crisi, non deve accontentarsi di una crescita limitata, ma puntare su tutti gli strumenti a sua disposizione per rafforzarsi maggiormente, a cominciare dal PNRR.
Nel Bollettino Economico n°1 del 2025 la BCE mostra come il processo di disinflazione sia ben avviato, consentendo una graduale riduzione del costo del denaro e dei tassi di interesse e rendendo così i prestiti meno onerosi. Tuttavia, i rischi per la crescita economica continuano ad essere orientati al ribasso. Maggiori frizioni nel commercio internazionale (i dazi) potrebbero pesare sulla crescita dell’area dell’euro, frenando le esportazioni e indebolendo l’economia mondiale. Il calo di fiducia potrebbe impedire ai consumi e agli investimenti di recuperare al ritmo atteso. Inoltre, ci sono rischi al rialzo per l’inflazione provenienti dalle accresciute tensioni geopolitiche, che potrebbero far aumentare ulteriormente i prezzi dell’energia.
La spesa energetica
Il costo dell’energia sta già colpendo duramente non solo le imprese manifatturiere, ma anche quelle del settore terziario. Secondo l’Osservatorio Confcommercio Energia (OCEN), i dati di febbraio 2025 mostrano un peggioramento dell’impatto del caro energia sulle imprese italiane del terziario. A gennaio 2025, infatti, la bolletta elettrica per queste aziende è aumentata del 24% rispetto allo stesso mese del 2024 e del 56,5% rispetto al gennaio 2019. I settori più penalizzati risultano gli alberghi e le grandi superfici di vendita. Secondo il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “Servono politiche e interventi urgenti per contenere l’impatto del caro energia su famiglie e imprese e sostenere la competitività del Paese.
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